Sviluppo economico e limiti della biosfera. Di Arturo Gulinelli

20.01.2025

Sono molti gli autori che negli ultimi anni si sono confrontati con i modelli di sviluppo e con il cambiamento climatico e, soprattutto, con l'uso eccessivo delle risorse naturali. Tra i tanti economisti - Nicholas Georgescu-Roegen, Christian Felber, Herman Daly, Elinor Ostrom, Tim Jackson, Jeremy Rifkin, Kate Raworth - uno degli autori più importanti è senz'altro Partha Sarathi Dasgupta, padre del rapporto Dasgupta del 2021.

Dasgupta nel suo rapporto affronta la sostenibilità ambientale in funzione del modello economico di crescita diffuso nei paesi sviluppati e non; modello che prevede il prelievo delle risorse per la produzione, il consumo, la generazione di scarti e inquinamento. L'autore si interroga sul fatto se il pianeta, e più in generale le risorse e i servizi della biosfera, possano essere sufficienti e sono compatibili in termini di stock col raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti per il 2030 dall'ONU.

Il documento dell'economista è molto interessante perché e parte dal definire in modo matematico l'Impact Inequality (la disuguaglianza d'impatto) in modo da offrire un criterio logico per scoprire le politiche e i cambiamenti comportamentali che saranno necessari, all'economia globale, per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Per illustrare il modello vengono presi in esame gli obiettivi relativi al raggiungimento di un uso sostenibile dell'ambiente entro il 2030.

E per farlo Dasgupta introduce il concetto di impronta ecologica globale in base al rapporto:

Ny/α, dove N indica la popolazione globale, y il PIL pro capite globale, e α è una misura dell'efficienza dei processi produttivi che porta in sostanza a fare lo stesso prodotto con meno imput e quindi con l'uso di minori risorse naturali.

L'impronta globale (Impact Inequality) che abbiamo sulla biosfera è rappresentata dalla seguente formula:

I = Ny/α > G(S)

Dove I è l'impatto globale che l'umanità ha sulla biosfera, che viene messo in relazione con il prodotto globale (Ny) e con α che, come detto, è una misura numerica dell'efficienza con cui siamo in grado di convertire le risorse naturali in beni e prodotti. La formula nella sua interezza esprime una disuguaglianza dove I (l'impatto o impronta) è maggiore della capacità della biosfera di rigenerarsi. Infatti, G è il tasso di rigenerazione della biosfera che è funzione dello stock, espresso con S, della biosfera. Tanto è maggiore G tanto maggiore sarà la capacità di rigenerarsi della biosfera che comunque dipende dallo stock attuale e dalla situazione della biosfera (più si deteriora più diventa difficile rigenerarla e aumenta la disuguaglianza).

La disuguaglianza, quindi, dipende da diversi fattori:

  • dalla produzione globale che più aumenta e più assorbe e consuma risorse naturali;
  • dalla tecnica che può ridurre il prelievo di risorse;
  • dalla capacità di rigenerazione della biosfera;
  • e dallo stock di risorse.

L'autore segnala che il Global Footprint Network (GFN) ha calcolato l'impronta ecologica globale (con metodi e formule simili a quella sopra indicata) segnalando che il divario tra I e G è aumentato da 1 del 1970 a 1,7 del 2019. Ciò significa che il rapporto è aumentato a un tasso annuo medio dell'1,1%. Inoltre, il PIL globale a prezzi costanti è cresciuto dal 1970 a un tasso annuo medio del 3,4%.

Passando al lato destro della formula dell'Impact Inequality alcuni autori, si veda il lavoro di Managi e Kumar del 2018, hanno stimato che il valore del capitale naturale globale pro capite (s) è diminuito del 40% tra il 1992 e il 2014. Ciò si traduce in un tasso percentuale annuo di declino del 2,3%. Ma nello stesso periodo la popolazione mondiale è cresciuta approssimativamente dell'1,1%. Dai dati appena esposti consegue che il valore del capitale naturale globale è diminuito a un tasso annuo dell'1,2%. Poiché non ci sono stime della forma della funzione G, Dasgupta assume per semplicità che G sia proporzionale a S, e in questo modo arriva a concludere che G è diminuito a un tasso annuo dell'1,2%.

Le stime per i tassi di variazione percentuale annui di Ny, G e [Ny/α]/G (il metodo di determinazione dell'impronta globale calcolato dal GFN) consentono di calcolare che α è aumentato a un tasso percentuale annuo del 3,5% nel periodo dal 1992 al 2014. Supponendo di voler raggiungere l'uguaglianza di impatto nel 2030 questo richiederebbe che il rapporto tra [Ny/α] e G si riduca dal suo valore attuale di 1,7 a 1 in 10 anni (lasso di tempo che tiene conto della data di pubblicazione del rapporto), il che implica che tale rapporto deve diminuire a un tasso medio annuo del 5,4%. Supponendo che il PIL globale continui a crescere al 3,4% annuo e che G continui a diminuire all'1,2% (vale a dire che si suppone che l'attività umana, estrattiva e produttiva continui come al solito), quanto velocemente deve aumentare α?

Per calcolarlo, bisogna rappresentare g(X) come il tasso percentuale di variazione di qualsiasi variabile X, in questo modo si avrà:

g([Ny/α]/G) = g(Ny) – g(α) – g(G)

L'equazione può essere riorganizzata come segue:

g(α) = g(Ny) – g([Ny/α]/G) – g(G)

Posizionando le stime dei termini sul lato destro dell'equazione ultima si avrà:

g(α) = 0,034 + 0,054 + 0,012 = 0,1

In breve, α deve aumentare a un tasso annuo del 10%. Poiché si tratta di un enorme aumento rispetto al tasso storico del 3,5%, Dasgupta prova a considerare anche uno scenario diverso.

Supponendo che la produzione globale rimanga costante da ora al 2030 e che vengano adottate misure draconiane rispetto alle richieste di limitare il tasso di deterioramento della biosfera a uno 0,1% annuo. Quale sarebbe il tasso di aumento richiesto di α? Utilizzando l'equazione sopra, si avrebbe:

g(α) = 0,054 + 0,001 = 5,5%

Anche questo valore è notevolmente maggiore del tasso del 3,5% a cui α è aumentato negli ultimi decenni.

La crescita economica che riduce lo stock della biosfera e che non consente di poterla rigenerare, legata alla crescita della popolazione mondiale, è un evento che si può contenere in soli due modi:

  • un elevato aumento di α che ad oggi non è possibile immaginare, stando ai dati storici;
  • una riduzione di Ny (produzione mondiale) a cui le imprese e i politici non sono pronti e che in genere non è desiderabile, ma che potrebbe diventare una necessità.

Se la tecnica non può crescere al punto da ridurre il prelievo di risorse, permettendone la rigenerazione, allora deve diminuire Ny. La scelta non è facile ma in futuro, per contenere i cambiamenti climatici e l'uso delle risorse naturali, potrebbe diventare necessaria.