Rimborso IVA eccedente per detrazione: impugnabile senza limiti temporali
L'amministrazione finanziaria può contestare il credito Iva del contribuente esposto in dichiarazione che non derivi dalla sottostima dell'imposta dovuta, anche se sono superati i termini per l'esercizio del potere di accertamento o di rettifica dell'imponibile e dell'imposta dovuta, senza emettere alcun provvedimento. La richiesta di rimborso Iva quindi può essere oggetto di contestazione e di rifiuto, da parte del fisco, senza limiti di tempo. Sarà il contribuente a dover dimostrare l'esistenza del credito, tramite la produzione delle scritture contabili e dei documenti giustificativi della spesa. È il principio di diritto contenuto nell'interessante sentenza n. 21766 del 29 luglio 2021 emessa dalla Cassazione a sezioni unite.
La questione al vaglio della Cassazione era già stata trattata nel 2016 dalle stesse sezioni unite (Cassazione n. 5096/2016) in relazione all'Ires. In questa pronuncia i giudici avevano stabilito che in tema di rimborso d'imposta, l'amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l'esercizio del proprio potere di accertamento, senza che abbia adottato alcun provvedimento.
La Suprema corte evidenzia, in linea generale, che l'omesso esercizio del potere di accertamento e di rettifica della dichiarazione da parte del fisco rileva sul debito del contribuente.
L'amministrazione inerte, cioè, non può pretendere un'imposta maggiore di quella liquidata in dichiarazione. In definitiva al fisco è concesso di contestare l'esistenza del credito, in base alla documentazione fornita, ma gli è preclusa la possibilità di avviare un accertamento.
Per il principio di neutralità il rimborso va effettuato entro un termine ragionevole e, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non deve far correre alcun rischio economico al contribuente (Corte giustizia causa C-107/10, causa C-274/10, causa C-654/13, causa C-254/16), ma questo non significa che si deve consentire la fruizione di un credito Iva non dovuto perché non provato.
Secondo la Cassazione, in conclusione, la sentenza impugnata dall'Agenzia va cassata con rinvio ad altra Ctr per il riesame della fattispecie in base al principio di diritto secondo il quale l'amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto in dichiarazione, che non derivi dalla sottostima dell'imposta dovuta, anche se i termini per l'accertamento, o di rettifica dell'imponibile, sono scaduti. da fisco oggi.