
La cooperazione internazionale per la prevenzione al contrasto dell’evasione e le scelte della nuova amministrazione USA. Di Arturo Gulinelli
L'erosione della base imponibile e lo spostamento degli utili rappresentano per i paesi e per l'economia mondiale preoccupazioni crescenti; si tratta di politiche aziendali sviluppate in genere da grandi multinazionali per spostare gli utili da paesi ad alta tassazione a paesi a bassa tassazione o paradisi fiscali. Le aziende utilizzano pagamenti deducibili come royalty o interessi per ridurre la base imponibile nella sede principale dove si registra una tassazione ritenuta elevata. Lo spostamento è funzionale a tassare questi proventi in giurisdizioni a fiscalità vantaggiosa. In questo modo vengono danneggiati i paesi d'origine, che perdono gettito. Per contrastare queste politiche da anni in sede OCSE i paesi sviluppati si sono dati delle regole volte ad aumentare l'interscambio di informazioni, la trasparenza, nonché creare una tassazione minima globale.
La cooperazione internazionale in ambito fiscale ha sempre funzionato dando buoni risultati, al contrario di quanto erroneamente ritiene l'amministrazione statunitense che sta ritirando gli USA dagli accordi OCSE sulla minimum global tax; la riprova è nei dati offerti dal report del 2024 dell'osservatorio fiscale dell'Unione Europea che ad esempio in tema di scambio di informazioni sostiene che: "grazie allo scambio automatico di informazioni bancarie, l'evasione fiscale offshore è diminuita di circa tre volte in meno di dieci anni. Prima del 2013, i nuclei familiari a livello globale detenevano nei paradisi finanziari l'equivalente del 10% del PIL mondiale, la maggior parte del quale non veniva dichiarato alle autorità fiscali e apparteneva a individui con un elevato patrimonio netto. Oggi troviamo ancora l'equivalente del 10% del PIL mondiale sotto forma di asset finanziari offshore dei nuclei familiari, ma secondo le ns previsioni (il nostro scenario centrale) solo il 25% circa di questi redditi evade la tassazione".
Nonostante questi risultati il report punta un faro sul fatto che rimane molto alto l'ammontare di profitti che vengono spostati nei paradisi fiscali: la stima è di 1.000 miliardi di dollari nel 2022. Si parla, cioè, dell'equivalente del 35% di tutti gli utili contabilizzati dalle multinazionali al di fuori del Paese in cui hanno sede. Le perdite in termini di gettito fiscale, causate da questo spostamento di utili, sono elevate circa il 10% delle imposte societarie raccolte a livello globale. E le multinazionali statunitensi sono responsabili di circa il 40% del profit shifting a livello globale.
Per rispondere a queste emergenze in sede OCSE i paesi hanno adottato delle linee guida già nel 1995; norme emanate per disciplinare il tema dei prezzi di trasferimento tra imprese. Il regime del transfer pricing riguarda la valutazione, a fini fiscali, delle transazioni transfrontaliere tra imprese associate; questo perché in un'economia globale le imprese multinazionali hanno un ruolo significativo e il regime dei prezzi di trasferimento assume un'importanza prioritaria sia per le amministrazioni fiscali sia per i contribuenti. Le linee guida OCSE in questa materia hanno cercato di stabilire previsioni atte a che gli utili imponibili delle multinazionali non venissero artificialmente trasferiti in un altro Paese e che la base imponibile dichiarata dalle multinazionali nei loro Paesi d'origine corrispondesse alla loro attività economica effettive.
Poi nel 2021, sempre in sede OCSE, 140 Paesi si sono accordati per applicare una tassa minima globale sotto forma di un'imposta del 15% sui profitti delle multinazionali. Si è trattato di una svolta epocale: era la prima volta che un accordo internazionale stabiliva un limite minimo per l'applicazione di un'imposta sui profitti. L'imposta minima globale genererebbe solo una frazione del gettito fiscale che ci si potrebbe aspettare sulla base dei principi stabiliti nel 2021, ma rappresenta comunque un punto di partenza.
L'elusione e l'erosione della base imponibile non riguarda solo le imprese. Anche le persone fisiche e in particolare i possessori di redditi mobiliari miliardari non pagano tasse o pagano tasse molto basse.
Infatti, sempre il report OCSE citato ci dice che in molti paesi i miliardari globali beneficiano di aliquote fiscali sulla persona molto basse, comprese tra lo 0% e lo 0,5% della loro ricchezza. Le imposte sulle persone comprendono tutte le imposte sul reddito individuale e le imposte patrimoniali ove previste. In un Paese come gli Stati Uniti, l'aliquota fiscale effettiva sui possessori di patrimoni miliardari si avvicina allo 0,5%, mentre in un Paese come la Francia è prossima allo 0%. Se espresse come frazione del reddito e considerando tutte le imposte pagate a tutti i livelli (comprese le imposte sulle società, sui consumi, sugli stipendi), le aliquote fiscali effettive sui miliardari sono significativamente inferiori a quelle che colpiscono tutti gli altri gruppi della popolazione.
Uno dei motivi principali per cui i miliardari tendono a beneficiare di aliquote fiscali effettive molto basse è che in molti Paesi, ovviamente non in tutti, possono utilizzare società di gestione del patrimonio personale per evitare l'imposta sul reddito. In questi Paesi, l'utilizzo di una holding consente ai proprietari di società quotate in borsa, che distribuiscono dividendi, di evitare il pagamento delle imposte su quegli stessi dividendi. Queste holding si situano in una zona grigia che oscilla tra l'elusione e l'evasione.
La cooperazione internazionale come detto e dimostrato è l'unica via per arrivare ad accordi che scoraggiano il trasferimento di utili o ancor più esplicitamente lo spostamento della sede delle imprese da paesi ad alta tassazione a paesi a bassa tassazione, compromettendo le risorse di bilancio dei paesi d'origine.
A queste considerazioni occorre aggiungere che spesso le imprese, prima di spostarsi, si sviluppano proprio grazie ai servizi che i paesi di origine gli offrono quali: università, ricerca e sviluppo, infrastrutture, capitale umano, capitale economico, capitale finanziario. Servizi offerti, garantiti e resi possibili solo dal pagamento di quelle imposte che alcune imprese tentano di eludere o evadere.
In questo panorama gli Stati Uniti hanno deciso, con la nuova amministrazione appena insediata, di ritirarsi dall'accordo OCSE sulla tassa minima globale; anzi il suo presidente lancia appelli alle imprese europee di produrre negli USA altrimenti i loro prodotti saranno colpiti dai dazi. Questo è proprio quello che non serve all'economia globale, ovvero comportamenti e decisioni unilaterali, opportunistiche, che si pensa possano rafforzare il proprio paese, ma che saranno oggetto di ritorsioni e che creeranno solo caos internazionale e riduzione di gettito a danno di tutti.