In un'attività di commercio in regime di impresa familiare, la collaborazione delle figlie e il possesso di un motociclo e di tre autovetture rappresentano una dotazione di beni strumentali che legittima l'applicazione dell'Irap ai compensi percepiti dal titolare. È in sintesi la conclusione dell'ordinanza della Cassazione n. 27049/2022.
Un contribuente, agente di commercio di profilati, tapparelle e infissi, avendo corrisposto l'Irap per gli anni dal 2014 al 2016, chiedeva all'Agenzia delle entrate il rimborso di quanto versato, ritenendo di averne diritto, non disponendo di un'autonoma organizzazione della propria attività.
L'Ufficio non rispondeva all'istanza presentata ed il contribuente impugnava dinanzi la Ctp di Perugia il silenzio-rifiuto così formatosi con ricorso che veniva respinto dai primi giudici la cui sentenza veniva, successivamente, confermata dalla Ctr dell'Umbria in sede di gravame. Entrambi i giudizi di merito si concludevano, pertanto, con una valutazione positiva circa la sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione dell'attività professionale in capo al ricorrente.
Il contribuente ha impugnato in Cassazione anche la pronuncia di secondo grado sulla base di tre motivi di doglianza così sintetizzati:
- violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 del Dlgs n. 446/1997, per avere la Ctr inesattamente ritenuto la ricorrenza del presupposto dell'autonoma organizzazione dell'attività professionale del contribuente, in realtà insussistente
- omesso esame circa un fatto decisivo per la controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Ctr analizzato la prova documentale offerta dal contribuente circa la limitatezza dell'apporto assicurato dalle di lui figlie al lavoro del padre
- in ultimo, il contribuente si duole della violazione delle regole in materia di ripartizione delle spese legali, risultando comunque iniqua la condanna al pagamento di 2.000 euro.
In sintesi, il contribuente ha censurato di aver avuto a disposizione beni strumentali non eccedenti "quel minimo sufficiente ed indispensabile per l'esercizio della sua attività svolta su base personale avendo un unico collaboratore familiare sporadico e marginale" ed avendo comunque la necessità di spostarsi con frequenza sul territorio nazionale ed all'estero.
Ha affermato, inoltre, di aver assicurato "la prova documentale da cui si evince facilmente la modalità e la scarsa quantità dell'apporto delle figlie al padre".Infine, ha specificato di aver "sempre esercitato la sua attività sotto forma d'impresa familiare ove l'unico collaboratore familiare è rappresentato da una sola figlia per volta con un'attività lavorativa niente affatto prevalente e continuativa, bensì limitata ad una piccola attività di semplice segreteria"
La Cassazione, con l'ordinanza n. 27049 depositata lo scorso 14 settembre, ritenendo infondati i motivi di doglianza ha rigettato il ricorso del contribuente condannandolo, altresì, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.
La Suprema corte ha, in via preliminare, richiamato la costante giurisprudenza di merito e di legittimità in tema di impresa familiare che si configura quando la collaborazione dei familiari partecipanti integra quel quid pluris dotato di capacità a produrre una ricchezza ulteriore a quella ottenibile con il contributo lavorativo del solo titolare, che apre la strada all'Irap (Cassazione, sentenze n. 24060/2016 e n. 14789/2018).
L'accertamento della ricorrenza di un'autonoma organizzazione dell'attività professionale del contribuente, ai fini della sottoposizione al versamento dell'Irap, dipende dall'analisi di una pluralità di fattori, che devono essere provati, in caso di contestazione, dall'Amministrazione finanziaria. Il contribuente potrà chiaramente fornire la prova contraria.
Nel caso di specie, è stato acclarato che il contribuente, in relazione alla collaborazione della figlia, non ha fornito alcuna prova documentale che potesse indurre a configurarla, per qualità e quantità come una semplice 'attività marginale', senza apporto di alcun valore aggiunto. Considerata anche la notevole mole di lavoro svolto, con continui spostamenti sull'intero territorio nazionale, con partecipazione a molte mostre e fiere nazionali ed estere, e la disponibilità di ben tre autovetture ed un motociclo, quali beni strumentali.
Irrilevante la prova documentale, fornita dallo stesso contribuente, sui limiti della collaborazione all'attività professionale prestata, alternativamente, da una delle figlie.
Peraltro la stessa prospettazione proposta dal contribuente appariva incompleta e, quindi, rigettata dalla Cassazione poiché si era limitato ad affermare di aver corrisposto ad una figlia "una quota dell'appena 6%", mentre l'altra figlia avrebbe collaborato "per pochi mesi nel 2006", in assenza di un resoconto dettagliato delle condizioni inerenti tali presunte limitate collaborazioni.
In conclusione, la Cassazione, rigettando il ricorso di parte ha evidenziato che gli elementi essenziali di valutazione acquisiti e adoperabili (consistenti nello svolgimento dell'attività professionale avvalendosi della collaborazione delle figlie, in regime di impresa familiare, e dal possesso di un motociclo e di ben tre autovetture), rappresentino una dotazione di beni strumentali che deve essere ritenuta eccedente il minimo necessario per lo svolgimento di una pur florida attività professionale. Con ciò, ritenendo legittima l'assoggettamento ad Irap dei compensi percepiti dal contribuente. da fisco oggi.