Inflazione da profitti in Europa
Spesso si ritiene e si tende a rappresentare l'aumento dell'inflazione come un fenomeno legato alla crescita dei salari; l'effetto che i salari hanno sull'inflazione è dovuto al fatto che un loro aumento fa crescere i costi di produzione e a parità del saggio di profitto aumentano i prezzi. Inoltre, in economia si discute del ruolo che l'aumento dell'inflazione avrebbe sulle aspettative in particolare quelle dei lavoratori; questi temendo futuri aumenti del costo della vita quando si trovano in sede di rinnovo contrattuale sarebbero propensi a chiedere aumenti dei salari più che adeguati e idonei a proteggere il potere reale dei propri redditi. Questo innescherebbe un effetto spirale che fa crescere l'inflazione.
Poco o nulla si tende a dire del ruolo che i profitti rivestono sul caro vita e se in genere sono più i profitti a crescere, anche in modo indiscriminato e non spiegabile, innescando aumenti dei prezzi.
Secondo uno studio europeo o meglio secondo un box contenuto in questo studio (economic outlook for EA and EU - Profit margins and their role in euro area inflation) l'impennata dell'inflazione è in larga parte attribuibile alla crescita dei profitti. In una prima fase nell'area dell'euro in particolare dalla metà del 2021 l'inflazione è stata principalmente la conseguenza del rapido aumento dei prezzi dell'energia e delle materie prime, ma il ruolo dei fattori interni è cresciuto pian piano. Il deterioramento delle ragioni di scambio, causate dalla pandemia, e le impennate dei prezzi delle materie prime energetiche e alimentari innescate dalla guerra tra la Russia e l'Ucraina (dovuta all'invasione della prima) hanno comportato che l'aumento iniziale dell'inflazione al consumo fosse in buona parte importato. Successivamente l'inflazione core è aumentata dalla metà del 2021, raggiungendo un tasso annuo del 7,4% nel primo trimestre del 2023, un valore decisamente elevato.
Lo studio offre approfondimenti e spiega come i profitti hanno contribuito alla formazione dei prezzi interni nell'area dell'euro negli ultimi tre anni e su cosa ciò potrebbe implicare per l'andamento dell'inflazione. Il documento ci dice che quando si esaminano le pressioni sui prezzi interni, l'attenzione si concentra generalmente sull'andamento dei costi unitari del lavoro, ma anche i profitti unitari svolgono un ruolo. Possono costituire un motore diretto dell'inflazione o un cuscinetto, a seconda della misura in cui le imprese trasferiscono le variazioni dei costi sui prezzi al consumo finale. L'analisi è stata condotta sui fattori alla base dell'aumento dei prezzi interni e si basa sui dati di contabilità nazionale in particolare sulla scomposizione delle variazioni annue del deflatore del PIL. Questo viene calcolato come rapporto tra il valore nominale dei beni e dei servizi prodotti internamente e il loro volume e riflette il prezzo di un'unità di produzione. Generalmente può essere visto come una misura delle pressioni sui prezzi interni, interessando quindi principalmente i consumi core. Il legame tra il deflatore del PIL e l'inflazione core, ossia l'inflazione complessiva al netto di energia e alimenti non trasformati, è nel caso europeo molto forte.
L'approccio basato sul reddito per calcolare il PIL consente di scomporre il deflatore del PIL in costo del lavoro, profitti e tasse, mostrando così il ruolo di ciascuno di questi fattori interni nel plasmare le pressioni interne sui prezzi. Lo studio è in qualche modo un esercizio contabile che non rivela gli usi che le imprese fanno dei loro maggiori profitti operativi.
I profitti unitari sono stati resilienti dallo scoppio della pandemia e sono diventati un motore significativo del deflatore del PIL. I profitti unitari, che misurano il profitto medio per unità di prodotto, secondo l'analisi condotta sono andati relativamente bene dall'inizio della pandemia. Nella fase di recessione iniziale indotta dallo shock pandemico, sia il costo unitario del lavoro che, in misura minore, i profitti unitari, sono aumentati, poiché i redditi da lavoro dipendente e i profitti aggregati si sono contratti meno del PIL reale a causa di un sostegno governativo molto importante.
Il paper sostiene che questo modello si è protratto fino all'inizio del 2021, quando i programmi di mantenimento del posto di lavoro per i lavoratori hanno iniziato a essere gradualmente eliminati e i prezzi dell'energia (importata) hanno iniziato a salire. Nel 2022, gli utili unitari sono aumentati costantemente, registrando una crescita record del 9,3% (su base annua) nell'ultimo trimestre. Tale incremento ha contribuito per 3,2 pp. alla crescita del deflatore del PIL totale del 5,8%, contribuendo così all'inflazione interna più del costo del lavoro per unità di prodotto. Un corollario del forte aumento dei profitti unitari è lo spostamento nella distribuzione del valore aggiunto tra imprese e lavoro, per cui la quota dei profitti è salita al di sopra della media pre-pandemia, mentre la quota del reddito da lavoro è analogamente diminuita.
I profitti unitari sono aumentati in tutti i paesi e settori dell'area dell'euro, anche se in modo eterogeneo. Nel 2022-Q4, i profitti unitari sono cresciuti in tutti i paesi, superando il deflatore del PIL nella maggior parte di essi. In termini di scomposizione settoriale, gli aumenti dei profitti durante le prime fasi della pandemia sono stati guidati dall'industria, compresa la produzione, l'energia e i servizi di pubblica utilità e l'estrazione mineraria, ma il contributo del settore si è ampliato successivamente.
La forza della domanda e il contesto di alta inflazione hanno favorito margini di profitto più elevati. In teoria, un'impresa che massimizza il profitto fissa i prezzi in modo tale che il ricarico percentuale del prezzo sopra il costo marginale sia inversamente correlato alla sua elasticità della domanda al prezzo, cioè se la domanda è anelastica, un'impresa può permettersi di avere un ricarico più alto perché la domanda reagirà meno. Il mark-up che un'impresa può addebitare dipenderà in ultima analisi dal grado di concorrenza e dalla struttura del mercato in cui opera e dall'elasticità complessiva della domanda del mercato.
L'andamento degli utili è importante e ha implicazioni per i rischi per il profilo dell'inflazione. La perdita di potere d'acquisto che i lavoratori hanno subito quando l'inflazione ha iniziato a salire ha portato a richieste salariali più elevate. In linea di principio, le variazioni della quota di profitto consentono alle imprese di compensare salari più elevati e, in quanto tali, potrebbero limitare l'entità degli effetti di secondo impatto, vale a dire il prolungamento degli shock sui prezzi attraverso l'aumento dei salari e della domanda. Questo è quello che è successo nella recessione del 2008, quando i profitti unitari sono diventati negativi.
Nelle previsioni recenti relative alla primavera 2023, il contributo dei profitti unitari alle pressioni sui prezzi interni nell'area dell'euro (e in altri paesi dell'UE) dovrebbe rimanere elevato, ma diminuire notevolmente nel 2024.
Questo studio spiega quindi che la pressione sui prezzi è dovuta prevalentemente a fenomeni di crescita, a volte indiscriminata e non concorrenziale, dei profitti e non dei salari.
Servirebbe controllare e prevenire fenomeni speculativi e aumenti di prezzi non giustificati dai fondamentali.
Del Dott. Arturo Gulinelli