Giurisdizione e pandemia: profili di incostituzionalità nei provvedimenti adottati?

07.03.2022

Trascorsi ormai due anni dall'inizio della pandemia Sars Cov2 ed a fronte dei provvedimenti normativi assunti dal Governo, con i DPCM legati alla dichiarazione dello stato di emergenza e con i successivi Dl convertiti in legge, stanno iniziando ad essere emessi provvedimenti giudiziari che sollevano dubbi di legittimità costituzionale di detti provvedimenti normativi.

Il giurista non può esimersi dall'analizzare e valutare detti provvedimenti, stante la straordinarietà della situazione nella quale ci si è trovati ed alla necessità di verificare la tenuta del sistema complesso che la nostra Costituzione ha elaborato, al fine di bilanciare i diritti personali e quelli collettivi ed anche le modalità di intervento del legislatore, del Governo e dei Giudici, tre pilastri su cui si base l'equilibrio costituzionale.

A questa impalcatura costituzionale si è aggiunta, nel tempo, la competenza di organi sovranazionali quali la CEDU (Corte Europea dei diritti dell'uomo), il Consiglio d'Europa e la normativa stessa europea con le Direttive e le raccomandazioni.

Gli ambiti su cui i provvedimenti degli organi giurisdizionali si sono pronunciati sono essenzialmente due: l'obbligo vaccinale e lo stato di emergenza.

Il primo provvedimento su cui soffermarsi è la Ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana pubblicata il 17 gennaio 2022 n.ro 38/2022 Reg. Prov. N.ro 1272/2021 Reg Ric., su ricorso contro una ordinanza cautelare del Tar per la Sicilia ( Sez. 1) che vietava la partecipazione ad un tirocinio formativo, all'interno delle strutture sanitarie, ad uno studente iscritto al terzo anno per la laurea in infermieristica , il quale non voleva sottoporsi alla inoculazione del vaccino Sars Cov 2 , sia perchè già contratta in passato la malattia, sia a causa della natura sperimentale dello stesso.

Con l'ordinanza, il CGA regione Sicilia, sviluppando un' ampia disamina delle sentenze della Corte Costituzionale in ordine ai necessari contemperamenti degli interessi costituzionalmente garantiti, dispone una istruttoria affidata ad un collegio, composto dal Segretario Generale del Ministero della Salute, dal Presidente del consiglio superiore di sanità e dal Direttore della Direzione generale di prevenzione sanitaria, affinché, entro il 28 febbraio u. s rispondessero a specifici quesiti formulati nel corpo della ordinanza , per poi verificare il contenuto della relazione nella udienza che si terrà il 16 marzo prossimo.

Quali sono i quesiti e perché vengono formulati?

Le pronunce della Corte Costituzionale, si legge nel corpo dell'ordinanza, in riferimento agli obblighi vaccinali, affermano che l'art 32 Cost prevede il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo con il coesistente e reciproco diritto delle altre persone, con l'interesse della collettività a fronte di una serie di condizioni:

"che il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; (ii) se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze "che appaiano normali e, pertanto, tollerabili"; (iii) e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n.307 del 1990)."

In particolare, la sentenza Corte. Cost. 22.06.1990 n.ro 307, subordina la costituzionalità degli interventi normativi che dispongano la obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari ai seguenti requisiti:

<il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi
è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale
ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la
compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al diritto di ciascuno
alla salute in quanto diritto fondamentale.
....... un trattamento sanitario può essere imposto solo nella previsione che esso non
incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per
quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di
ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili.
Con riferimento, invece, all'ipotesi di ulteriore danno alla salute del soggetto sottoposto al
trattamento obbligatorio - (...) - il rilievo costituzionale della salute come interesse della
collettività non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria. Tale rilievo esige
che in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere
obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato
trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico, ma non postula il
sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri>.
E qualora il rischio si avveri, in favore del soggetto passivo del trattamento
deve essere <assicurato, a carico della collettività, e per essa dello Stato che dispone il
trattamento obbligatorio, il rimedio di un equo ristoro del danno patito>.

Inoltre, le concrete forme di attuazione della legge impositiva di un
trattamento sanitario o di esecuzione materiale del detto trattamento
devono essere <accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato
delle conoscenze scientifiche e l'arte prescrivono in relazione alla sua natura. E fra queste
va ricompresa la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle persone che sono
tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di
lesione (.), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze
scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili>

La sentenza Cort. Cost. 258 del 20 giugno 1994 stabilisce: che il trattamento «non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato», che sia assicurata <la comunicazione alla persona che vi è assoggettata, o alle
persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (...), nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili>; - che la discrezionalità del legislatore sia esercitata alla luce <delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica> e quindi che la scelta vaccinale possa essere rivalutata e riconsiderata,

Alla luce di questi principi, la Corte Siciliana, formula una serie di quesiti a chiarimento, al fine di valutare la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dall'appellante che è interessante riportare:

1) le modalità di valutazione di rischi e benefici operata, a livello generale, nel piano vaccinale e, a livello individuale, da parte del medico vaccinatore, anche sulla basa dell'anamnesi pre-vaccinale; se vengano consigliati all'utenza test pre-vaccinali, anche di carattere genetico (considerato che il corredo genetico individuale può influire sulla risposta immunitaria indotta dalla somministrazione del vaccino); chiarimenti sugli studi ed evidenze scientifiche (anche eventualmente emerse nel corso della campagna vaccinale) sulla base dei quali venga disposta la vaccinazione a soggetti già contagiati dal virus;

2) le modalità di raccolta del consenso informato;

3) l'articolazione del sistema di monitoraggio, che dovrebbe consentire alle istituzioni sanitarie nazionali, in casi di pericolo per la salute pubblica a causa di effetti avversi, la sospensione dell'applicazione dell'obbligo vaccinale; chiarimenti sui dati relativi ai rischi ed eventi avversi raccolti nel corso dell'attuale campagna di somministrazione e sulla elaborazione statistica degli stessi (in particolare, quali criteri siano stati fissati, e ad opera di quali soggetti/istituzioni, per raccogliere i dati su efficacia dei vaccini ed eventi avversi; chiarimenti circa i criteri di raccolta ed elaborazione dei dati e la dimensione territoriale, se nazionale o sovranazionale; chi sono i soggetti ai quali confluiscano i dati e modalità di studio), e sui dati relativi alla efficacia dei vaccini in relazione alle nuove varianti del virus.

4) articolazione della sorveglianza post-vaccinale e sulle reazioni avverse ai vaccini, avuto riguardo alle due forme di sorveglianza attiva (con somministrazione di appositi questionari per valutare il risultato della vaccinazione) e passiva (segnalazioni spontanee, ossia effettuate autonomamente dal medico che sospetti reazioni avverse)

Sarà molto interessante seguire lo sviluppo di questo procedimento, sia per i quesiti ed i chiarimenti posti alle massime autorità sanitarie amministrative, sia per la conseguente decisione che verrà assunta dal Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Sicilia.

Altro provvedimento molto interessante è del Giudice per la udienza preliminare del Tribunale Militare di Napoli del 2 febbraio u. s., R.G.N.R. n.ro 376/20 R.G.G.I.P. n.ro 366/21

Il caso riguarda un militare che si è rifiutato ad obbedire all'ordine di vaccinazione per partecipare ad una missione all'estero, per cui è stato incriminato per disobbedienza continuata aggravata ( art 81 cps C.P n.ro 2 e 173 CPMP ) . Il difensore del militare ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art 206 bis del D. lgs 15.03.2010 n.ro 66 (Codice Ordinamento Militare) inserito nell'art 12 co 1 lettera a) D. lgs 26.04.2016 n.ro 91 che viene accolta dal Giudice per le indagini preliminari.

Il caso è molto interessante in quanto evidenzia vi è una sovrapposizione di due norme ; la prima , quella richiamata nel capoverso precedente e la seconda l'art 2 D.L 26.11.21. n.ro 172 che ha esteso l'obbligo vaccinale alle forze armate tramite la introduzione, dopo l'art 4 bis del DL 1 aprile 2021 convertito con modificazioni nella legge 28.0521 n.ro 76, dell'art 4 ter.

L'art 2 del DL 172/21 pone l'obbligo vaccinale per le forze armate e stabilisce quale conseguenza " la sospensione del diritto di svolgere la attività lavorativa e della retribuzione senza conseguenze disciplinari " mentre con l'art 206 bis COM si statuisce che il mancato rispetto dell'obbligo vaccinale, comporta conseguenze disciplinari e penali a carico de militare.

Il Giudice ritiene che la norma contenuta nell'art 206 bis sia una norma "in bianco "e quindi che non rispetti il principio di proporzionalità di cui all'art 32 della Costituzione, richiamando a tale proposito la sentenza 5/2018 della Corte Costituzionale che richiama le sentenze 258/1994 e 307/ 90 nei contenuti già sopra riportati e dunque ha sollevato la questione di legittimità costituzionale rimettendo alla Corte.

Consideriamo, ora, la sentenza n.ro 1842/2021 emessa in data 8 novembre 2021 e depositata il 17 febbraio u. s dal Giudice penale monocratico del Tribunale di Pisa Dott.ssa Lina Manuali.

La decisione riguarda la contestazione del reato di cui all'art 650 c. p, relativamente alla violazione dell'ordine imposto dal DPCM 08.03.20, per ragioni di igiene e sicurezza pubblica, di non uscire se non per motivi di lavoro, salute o necessità. Il Giudice assolve l'imputato perché il fatto non sussiste (formula più ampia e favorevole al reo) in quanto stabilisce che il DPCM 08.03.21 non sia un provvedimento legalmente dato dalla Autorità sulla base del quale comminare la sanzione penale.

Il Giudice parte, per sviluppare la motivazione, da un primo principio; l'Ordinamento Costituzionale italiano non contempla né lo stato di eccezione, né lo stato di emergenza, quale declinazione della eccezione, al di fuori dello stato di guerra previsto dall'art 78 della Cost e richiama il discorso fatto dall'allora presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, il 28 aprile 2020 in occasione della relazione annuale sulla attività della Corte Costituzionale del 2019.

"La Costituzione, peraltro, non è insensibile al variare delle contingenze, all'eventualità che dirompano situazioni di emergenza, di crisi, o di straordinaria necessità e urgenza, come recita l'art. 77 Cost., in materia di decreti-legge. La Repubblica ha attraversato varie situazioni di emergenza e di crisi - dagli anni della lotta armata a quelli della più recente crisi economica e finanziaria - che sono state affrontate senza mai sospendere l'ordine costituzionale, ma ravvisando all'interno di esso quegli strumenti che permettessero di modulare i principi costituzionali in base alle specificità della contingenza: necessità, proporzionalità, bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità sono i criteri con cui, secondo la giurisprudenza costituzionale, in ogni tempo deve attuarsi la tutela «sistemica e non frazionata» dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e dei relativi limiti."

Inoltre, aggiunge il Giudice penale, non è possibile istituire una gerarchia tra le varie figure di diritti fondamentali in quanto nell'ordinamento non esiste una presunzione di prevalenza di un diritto sugli altri e che " qualora l'esercizio di un diritto comporti, in caso di necessità ed urgenza, Ia limitazione
di altri, ciò deve avvenire nel rispetto dei principi della legalità, riserva di Iegge (assoluta o
relativa), necessità, proporzionalità, bilanciamento e temporaneità, in quanta, altrimenti, si
determinerebbe l'insorgere del cd. "diritto tiranno" (avanti al quale tutti gli altri diritti
dovrebbero soccombere), con conseguente non solo violazione della Costituzione, ma addirittura
superamento del perimetro delineato dalla carta costituzionale"

La declaratoria dello stato di emergenza è contenuto nella delibera 31 gennaio 2020 del CDM, emessa sulla base del D. Lgs 1 del 2 gennaio 2018 (codice della protezione civile) che all'art 24 prevede la deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri, qualora ricorrano le "emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi
calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo di cui all'art. 7 lett. c). Tale delibera non ha forza di legge per cui è esclusa da qualsiasi controllo preventivo su legittimità e fondamento ma è soggetta al vaglio dell' autorità giudiziaria. Sulla base di questi principi, il Giudice penale ritiene che non sia possibile fare rientrare nel dettato della norma l'epidemia o pandemia e quindi la legittimazione alla dichiarazione dello stato di emergenza sulla base di questa norma . Allo stesso modo, ritiene che non possa rientrare nel dettato dell'art 78 della Costituzione in quanto solo in caso di stato di guerra è possibile assegnare al Governo i poteri necessari per affrontare la situazione di emergenza.

In base a questo ragionamento il Giudice stabilisce che:

"A fronte della illegittimità della delibera del CdM del 31.01.2020, devono reputarsi illegittimi
tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e Ia gestione
dell'emergenza epidemiologica da COVID 19, nonchè tutte le successive proroghe dello
stesso stato di emergenza.
Peraltro, oltre all'acclarata illegittimità della dichiarazione dello stato di emergenza, si ravvisano
violati i principi di legalità e di riserva di legge, in quanto - nel modello emergenziale costruito
dal Governo - le libertà fondamentali sarebbero state limitate formalmente da norme di rango
primario (ovvero dai vari decreti Iegge fin qui adottati) ma nella sostanza sono state
compresse dai DPCM, atti di natura amministrativa........... Pare evidente come sia stata conferita al Presidente del Consiglio una delega generale, sia in
violazione dell'art. 76 Cost., rilevandosi che una siffatta delega non potrebbe nemmeno essere
conferita al Consiglio dei Ministri, senza indicazione da parte del Legislatore (rectius Parlamento)
dei limiti e degli ambiti in cui esercitare la funzione legislativa delegata, sia in violazione dell'art.
78 Cost., in quanto la situazione di emergenza sanitaria non rientra nella previsione di tal norma
costituzionale (ove, per altro, si parla di conferimento al Governo, quale organo collegiale, dei
poteri necessari e non di certo qualsiasi potere). In altri termini, viene delegato al Presidente del
Consiglio dei Ministri il potere di attuare misure restrittive, molto ampio e senza indicazione di
alcun limite, nemmeno temporale, con compressione di diritti fondamentali garantiti
dalla Costituzione, quali Ia libertà personale (art. 13 Cost), Ia libertà di movimento e di
riunione (artt. 16 e 17 Cost.), il diritto di professare liberamente Ia propria fede religiosa, anche
in forma associata (art. 19 Cost.), il diritto alla scuola (art. 34 Cost.), il diritto al lavoro (art. 36
Cost), il diritto alla libertà di impresa (art. 41 Cost.)"

Accanto a questi aspetti, il Giudice penale analizza anche quello della durata dello stato di emergenza . L'art 24 del D. lgs 1/18 prevede, al quarto comma, che non possa perdurare per più di 12 mesi prorogabili al massimo per 12 mesi. In base a ciò, lo stato di emergenza dichiarato il 31 gennaio 2020 ha cessato la sua efficacia massima il 31 gennaio 2022 per cui la proroga di ulteriori due mesi , al 31 marzo 2022, si porrebbe comunque in contrasto con la norma citata, prevedendo una deroga dalla norma speciale.

Ritiene, Il Giudice penale, che questo stato di emergenza abbia compresso i diritti fondamentali quali quelli all'equa retribuzione, in violazione dell'art 36 della Costituzione, le attività che attengono alla sfera delle libertà personali, artt. 2 e 13 della Cost., l'art 3 Cost che stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla Iegge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali o sociali".

Indubbio che la pronuncia pone in evidenza una forte criticità del ricorso ad una normativa di emergenza sulla base di provvedimenti amministrativi che sfuggono al vaglio del Parlamento, oltre a sottolineare tutti i possibili profili di illegittimità costituzionale che stanno venendo sottoposti in più sedi al vaglio della autorità giudiziaria.

Infine, i provvedimenti di sospensione cautelare di provvedimenti di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, nei confronti di agenti di polizia e di polizia penitenziaria , assunti dal TAR Lazio lo scorso 14 febbraio , che hanno stabilito che in assenza della discussione nel merito ( fissata a metà marzo) i ricorrenti debbano vedersi riconosciuto lo stipendio in quanto In relazione alla privazione della retribuzione e quindi della fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita, sussistono profili di pregiudizio grave ed irreparabile, tale da non tollerare il differimento della misura cautelare sino all'esito collegiale».

Il Tar Lombardia- Milano con ordinanza 9-14 febbraio 2022 n.ro 192 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 4, del decreto legge 1 aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76, così come modificato dal decreto legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui prevede, quale effetto dell'accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, <<l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie>>." E si è in attesa del deposito delle motivazioni per poterle leggere.

Conclusioni

Si è ritenuto di svolgere questa analisi dettagliata dei provvedimenti dei Giudici di diverse giurisdizioni in quanto la Consulta dovrà pronunciarsi e se dovesse venire riconosciuta la illegittimità costituzionale dei provvedimenti impugnati, tutti gli obblighi previsti per le diverse categorie ne subirebbero la stessa sorte, con apertura alla richiesta di risarcimenti nei confronti dei datori di lavoro.

A ciò si aggiunga, che sarà possibile presentare ricorso contro le sanzioni che verranno irrogate dalla Agenzia delle Entrate agli ultra cinquantenni che non hanno rispettato l'obbligo vaccinale, avanti al Giudice di Pace e che questo porterà, anche in sede di giurisdizione civile, la possibilità di sollevare la questione di legittimità costituzionale.

Questo è un quadro in divenire a cui si affiancheranno ulteriori pronunce ma è necessario per tutti porsi in una posizione di analisi critica di ciò che sta accadendo, sia per rispettare i diritti di tutti i cittadini alla luce della nostra Carta Costituzionale, sia per valutare le scelte fatte dai Governi nella gestione della pandemia e delle conseguenze in termini di tenuta sociale ed economica anche in prospettiva.


Avv Nicoletta Grassi