Il giudizio tributario deve essere definito nella sua interezza e, quindi, anche la sospensione del processo non può che essere integrale. L'interruzione parziale del procedimento, infatti, comporterebbe una pronuncia "provvisoria" e perciò inammissibile. Il giudizio, inoltre, non deve essere necessariamente uniforme per tutti gli anni d'imposta oggetto dell'accertamento, che possono essere accumunati da semplici fatti "storici" e non pregiudiziali. È questo il sunto del principio affermato dalla Cassazione con l'ordinanza n. 16180 del 9 giugno 2021.
La controversia nasce dall'attività ispettiva svolta della Guardia di finanza presso un Gruppo risultato, in seguito al controllo, tra i protagonisti di una frode carosello con oggetto la vendita di telefoni cellulari. Le Fiamme gialle avevano rilevato, tra l'altro, una serie di violazioni in materia di Ires, Iva e Irap per gli 2003, 2004, 2005 e 2006. L'indagine si muoveva su due "filoni", il primo relativo a imposte dirette e Iva indebitamente dedotte perché relative a fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti, e un secondo attinente il recupero dell'Iva su cessioni trattate come intracomunitarie senza averne, secondo l'ufficio, i requisiti.
I relativi avvisi di accertamento venivano impugnati dal contribuente davanti alla Ctp di Venezia. Di questi, i procedimenti riguardanti i primi tre anni risultano al momento pendenti in cassazione. Sulla causa relativa all'accertamento 2006 la Ctp del capoluogo veneto accoglieva, con ordinanza non definitiva, le ragioni del Gruppo in merito alle contestazioni concernenti la natura intracomunitaria delle transazioni (secondo filone) e annullava il relativo avviso di accertamento. Contestualmente sospendeva il giudizio per la parte connessa al primo filone (operazioni soggettivamente inesistenti) in attesa delle decisioni della Cassazione riguardanti gli anni 2003, 2004 e 2005.
L'Agenzia delle entrate ricorre in appello per l'annullamento, con sentenza parziale, dell'avviso di accertamento relativo alle operazioni ritenute non intra-Ue (secondo filone).
Impugna, inoltre, in Cassazione, il provvedimento per la parte che disponeva la sospensione per pregiudizialità (articolo 295 cpc) del processo relativo alla indebita detrazione Iva sugli acquisti soggettivamente inesistenti (primo filone), con il regolamento di competenza in scrutinio, affidando le sue ragioni a due motivi.
A sostegno del primo fa ricorso ai contenuti degli articoli 35 e 39 del Dlgs n. 546/1992, che regola il processo tributario. L'articolo 35 esclude che in caso di controversie tributarie possano essere emesse sentenze non definitive o riguardanti soltanto alcune delle questioni da risolvere. L'articolo 39 stabilisce che la Commissione tributaria sospenda il giudizio nel caso in cui questo dipenda dall'esito di una controversia in attesa di definizione presso lo stesso o altro tribunale.
Dalla lettura congiunta delle due norme emerge, in sintesi, che nel processo tributario, a differenza di quello civile, non è ammissibile il rinvio parziale di una decisione, la sospensione deve necessariamente essere integrale.
La Commissione tributaria provinciale doveva semmai mettere in attesa l'intera controversia in presenza di un effettivo rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra la causa esaminata e i processi pendenti presso la Cassazione relativi agli autonomi avvisi di accertamento relativi agli anni 2003, 2004 e 2005 oppure, in mancanza di tale pregiudizialità, pronunciarsi su tutta la vicenda.
In ogni caso, la sospensione "parziale" del giudizio, lamenta l'Agenzia, è illegittima.
Con il secondo motivo l'amministrazione finanziaria mette in discussione proprio il nesso di pregiudizialità. Anche se tutti gli avvisi di accertamento nascono da uno stesso processo verbale di constatazione, in realtà gli accertamenti riguardano anni diversi in cui la frode Iva può essersi verificata oppure no. Il nesso tra i procedimenti, quindi, diventa del tutto "fattuale", perché le violazioni sono emerse nel corso di un'unica verifica formalizzata in un unico pvc, in realtà tra gli atti impositivi non esiste alcuna pregiudizialità.
La decisione
Per la Cassazione il primo motivo di impugnazione della sentenza della Ctp è fondato. La Corte conferma che l'articolo 35 del Dlgs, in deroga a quanto previsto per il processo civile, vieta decisioni parziali e non risolutive nei processi tributari.
La regola "eccezionale" intende arginare gli inconvenienti che spesso nascono dal frazionamento e dal rinvio parziale dei giudizi e del conseguente differimento delle impugnazioni, considerate anche le peculiarità del processo tributario e del sistema di riscossione delle tasse.
Nel caso in cui la decisione sia legata a doppio filo con gli esiti di altre liti in discussione, stabilisce l'articolo 39, la Ct deve sospendere l'intero processo. In definitiva, i giudici di legittimità osservano che se i contenziosi tributari non possono terminare con sentenze parziali anche la sospensione non può che essere integrale. In caso contrario, infatti, non si potrebbe arrivare a una sentenza unica per l'intera controversia. In conclusione "Il giudizio deve essere definito nella sua interezza e, consequenzialmente, anche la sospensione del processo non può che essere integrale; la sospensione parziale del processo postula difatti una inammissibile pronuncia non definitiva".
Valido anche il secondo motivo di impugnazione. In effetti, conferma il Tribunale di legittimità, non esiste nessun necessario rapporto di pregiudizialità tra violazioni contestate con differenti avvisi di accertamento anche se nati da una verifica dalla quale è scaturito un singolo processo verbale di constatazione. Gli elementi di fatto che determinano, con sentenza definitiva del giudice tributario l'accertamento dell'illecito da parte del contribuente per una singola annualità, sono rilevanti, per i periodi successivi, soltanto se condizionanti per quest'ultimi. Di conseguenza, la pronuncia relativa a un periodo non produce automaticamente effetti in relazione ad altre annualità anche in presenza di fatti storici che li accomunano.
Nella vicenda in commento, conclude la Cassazione, non è riscontrabile un necessario rapporto di pregiudizialità. da fisco oggi.